Atipici e precari, partite Iva, cococo, occasionali, in somministrazione e disoccupati: in 300 mila sono rimasti fuori dalle indennità Covid messe in campo dal governo. Borghesi, Nidil: “La pandemia ha evidenziato frammentazione e disuguaglianze. Occorre ridurre le tipologie di impiego e costruire un ammortizzatore sociale universale”
Sono 300 mila i precari traditi delle indennità Covid: a partire da maggio sono rimasti fuori le partite Iva iscritte alla gestione separata dell’Inps e i collaboratori coordinati e continuativi che hanno avuto una riduzione dell’attività, e per i quali comunque da agosto non è stato previsto nulla. Delle 25 mila domande di indennizzo presentate dagli autonomi occasionali, come rider, traduttori, guide turistiche, poco più di 300 sono state accolte. E ancora: chi godeva delle indennità di disoccupazione Naspi e Discoll, dopo quattro mesi di proroga non si sono visti riconoscere nulla. E sono altre 520 mila persone. Infine, i somministrati: gli stagionali che operano in un settore diverso dal turistico e quelli a termine del settore turistico, entrambi fuori dalle varie indennità.
È l’esercito dei dimenticati, lavoratori appartenenti a un mondo così frammentato e complesso che neppure i diversi decreti che si sono susseguiti in questi mesi sono riusciti a includere e censire, persone che avevano un lavoro e adesso non ce l’hanno più, o che hanno un contratto ma la loro attività è calata drasticamente. La denuncia arriva dal Nidil Cgil, il sindacato che si batte per l’introduzione di interventi inclusivi e universalistici fin da prima della pandemia. Che ce ne sia urgente bisogno lo dimostrano le quindici tipologie di indennità ideate dal governo da marzo a oggi, in aggiunta ai tradizionali ammortizzatori, nonostante le quali si sono persi per strada proprio coloro che andrebbero maggiormente tutelati: gli atipici e i precari.
“La pandemia ha messo in luce la frammentazione del mercato del lavoro e la disuguaglianza molto marcata del nostro sistema sociale – spiega Andrea Borghesi, segretario generale di Nidil Cgil -. Occorre ridurre le tipologie di impiego e costruire un ammortizzatore sociale universale, che possa al momento del bisogno intervenire a prescindere dal tipo di occupazione. D’altra parte non servono neppure risorse così ingenti, rispetto all’enorme mole di denaro messa in campo in questi mesi. E nell’immediato, ci attendiamo un’attenzione nei confronti di chi aveva indennità Naspi e Discoll nel prossimo decreto Ristori”.
Ma come hanno campato in questi mesi quanti, e sono tanti a giudicare ai numeri, sono rimasti senza reddito e senza assegno dell’Inps? Il sospetto è che abbiano fatto ricorso a misure che nulla hanno a che vedere con le indennità Covid, e cioè il reddito di cittadinanza e il più recente reddito di emergenza, strumenti pensati per combattere la povertà e non certo per fare fronte a questa crisi sanitaria. “Se partecipo alla ricchezza del Paese con un rapporto di lavoro atipico o precario, per quale motivo devo essere indennizzato con prestazioni che vanno a coprire situazioni di disagio o di indigenza e che non riguardano il lavoro? – si chiede Borghesi -. Sarebbe invece importante valorizzare con un’indennità coloro che un’occupazione anche se precaria l’hanno avuta. Il reddito di cittadinanza, il cui ricorso è senz’altro aumentato, ha certamente contribuito a ridurre la povertà assoluta, ma non ha ottenuto risultati sul fronte dell’attivazione delle persone”